LAZIO Iniziative 2009
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Re: LAZIO Iniziative 2009
VERSO L’ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 20 NOVEMBRE ALLA SAPIENZA
APPELLO AGLI STUDENTI MEDI E UNIVERSITARI, AI LAVORATORI DELLA FORMAZIONE, AI COORDINAMENTI DELLA SCUOLA, AI PRECARI DELLA RICERCA E A TUTTE LE LOTTE DI QUESTO PAESE
Nell’agosto del 2008 è stata approvata la Legge 133 che taglia 8,5 mld in tre anni alla scuola e 1,5 mld in cinque anni all’università. Con la stessa legge si avvia il processo di privatizzazione dell’istruzione pubblica e si sferra un durissimo colpo nei confronti dei precari della scuola e della ricerca.
Oggi vediamo i primi devastanti effetti prodotti da questi tagli indiscriminati e dall’approvazione della legge 169 (maestro unico, ripristino del voto in decimi e del 5 in condotta): quest’anno sono rimasti senza lavoro circa 50.000 lavoratori della scuola, con un peggioramento generalizzato della qualità del lavoro e dell’istruzione. I licenziamenti hanno infatti prodotto un sovraccarico di lavoro per i docenti rimasti e classi tuttora scoperte; con l’aumento del numero di studenti, inoltre, si genera uno spaventoso sovraffollamento delle classi. Tutto questo determina un netto peggioramento della qualità della didattica e delle infrastrutture scolastiche, già oggi per lo più non a norma, che produrrà scuole sempre meno sicure ed attrezzate.
Il processo di smantellamento dell’istruzione pubblica non passa solo attraverso i tagli. Il Governo sta perseguendo un radicale processo di riforma della scuola e dell’università, orientato alla privatizzazione e alla subordinazione dell’istruzione alle logiche del mercato.
Da questo punto di vista le riforme di scuola e università hanno evidenti elementi di analogia proprio sul punto dell’aziendalizzazione: nella scuola la vecchia figura del Preside è oggi sostituita dalla figura del Dirigente Scolastico (che avrà maggiore autorità su un corpo docente sempre più precarizzato e gerarchizzato al suo interno) e, come sta già avvenendo con i regolamenti attuativi che progressivamente applicano le linee contenute nel ddl Aprea, i Consigli d’Istituto si trasformeranno in Consigli d’Amministrazione con all’interno la presenza di privati ed aziende.
Il ddl Gelmini sull’università va esattamente nella stessa direzione dirigista: si concedono moltissimi poteri al Rettore (votato solo da una parte scelta di docenti ordinari) e al Consiglio d’Amministrazione, ridotto a soli 11 membri di cui almeno il 40% esterni all’ateneo e nominati direttamente dal Rettore, mentre si svuota completamente delle sue funzioni il Senato Accademico. Si regala in questo modo l’università ai privati e Confindustria, i quali così potranno decidere “l’indirizzo strategico” dell’ateneo senza alcun investimento di capitale privato.
Le riforme in corso sferrano inoltre un ulteriore e decisivo colpo all’idea di Diritto allo Studio. Nella scuola aumentano sempre di più i costi a carico delle famiglie: ne sono un esempio il continuo aumento del costo dei libri di testo e delle spese ordinarie di gestione delle strutture scolastiche. Con il declassamento dell’istruzione professionale e degli istituti tecnici si accentua inoltre il carattere classista e regionalizzato dell’accesso alla formazione scolastica.
Sul fronte universitario con il ddl Gelmini, in nome della meritocrazia, scompare il diritto allo studio basato sul reddito delle famiglie e diretto a consentire ai meno abbienti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione. Viene infatti istituito un “fondo speciale per il merito”, che erogherà borse di studio esclusivamente su criteri pseudo-meritocratici e prestiti d’onore che genereranno laureati già indebitati, effetto devastante in un sistema caratterizzato da precarietà, disoccupazione, sfruttamento ed emergenza salariale.
Per quanto riguarda la riforma dei meccanismi di reclutamento, anch’essa presente nel ddl Gelmini, viene definitivamente precarizzata la figura del ricercatore e resa ancora più incerta, ricattabile e subordinata al baronato la carriera accademica di giovani dottorandi e ricercatori.
Anche negli enti di ricerca la tendenza neoliberista, che vede nel sapere soltanto una merce, ha prodotto il mostruoso decreto legislativo di riforma, che toglie ogni possibilità di ricerca libera e di lavoro stabile nella stessa logica della riforma Gelmini di scuola e università.
Con il nostro sguardo però vorremmo andare oltre quello che succede nel mondo della formazione e guardare all’intera società. Stiamo attraversando un periodo di profonda crisi economica, politica e sociale, che manifesta i suoi devastanti effetti sull’intera collettività: assistiamo a veri e propri licenziamenti di massa, alla continua precarizzazione del lavoro, alla riduzione dei salari e alla progressiva negazione dei diritti fondamentali, alla totale assenza di ammortizzatori sociali, all’attacco al diritto di sciopero e al contratto nazionale collettivo di lavoro. Contemporaneamente nell’ultima finanziaria si prevede un consistente aumento delle spese militari. Il Governo da parte sua accentua il suo carattere autoritario, riduce gli spazi di democrazia e dissenso e inasprisce le politiche di frammentazione della parte di società più debole.
Per queste ragioni è necessario ricomporre un ampio fronte sociale, che leghi le lotte di tutto il mondo della formazione a quelle di tutti i lavoratori. Non abbiamo bisogno di lotte corporative, è necessario al contrario sviluppare piattaforme e momenti di mobilitazione comuni in grado di rafforzare l’opposizione sociale al Governo e coinvolgere l’intera società.
Da questo punto di vista vediamo nell’assemblea nazionale del 20 novembre alla Sapienza, convocata dai ricercatori precari della Sapienza e dalla FLC CGIL e aperta a tutte le componenti della scuola e dell’università, un importante momento di confronto e rilancio delle mobilitazioni.
Riteniamo fondamentale rivendicare un’istruzione pubblica, laica e democratica, di massa e di qualità. Difendere il diritto allo studio e rifiutare ogni meccanismo di selezione anche se mascherato da meritocrazia. Impedire la gerarchizzazione, l’aziendalizzazione e l’ingresso di qualsiasi privato nelle scuole e nelle università, rifiutando la logica di subordinazione dell’istruzione pubblica alle esigenze del mercato.
Esigiamo l’immediato blocco dei licenziamenti e l’assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari, ritenendo insufficiente per contrastare gli effetti della crisi la semplice rivendicazione di reddito di cittadinanza.
Vogliamo l’immediato ritiro della legge 133, della 169 e del ddl Gelmini sull’università in via d’approvazione e una politica di ingenti finanziamenti all’istruzione pubblica.
Per realizzare questi obiettivi poniamo alla discussione dell’assemblea nazionale del 20 novembre la costruzione in tutte le città di coordinamenti di studenti, genitori e lavoratori della formazione, al fine di rafforzare l’intervento ed il radicamento nei luoghi di studio e di lavoro e di promuovere analisi, piattaforme e mobilitazioni unitarie.
Riteniamo importantissima la data di mobilitazione lanciata dai precari della scuola per l’11 dicembre, nella quale è anche stato indetto lo sciopero della scuola e dell’università da parte di alcuni sindacati. Vorremmo costruire per questa data una larga partecipazione delle lotte sociali riguardanti il mondo della formazione, con la costruzione di uno spezzone nazionale di movimento all’interno del corteo.
Per questa ragione proponiamo per la settimana che precede lo sciopero dell’11 dicembre la costruzione di assemblee cittadine/provinciali di scuole e università, nell’ottica di allargare il più possibile la partecipazione alla manifestazione nazionale.
Siamo assolutamente consapevoli inoltre che un movimento ambizioso ed ostinato nel voler perseguire una vittoria non può fermarsi con le vacanze natalizie. I mesi di gennaio e febbraio saranno i mesi decisivi in cui il Governo cercherà di approvare il ddl Gelmini in Parlamento.
Noi siamo determinati nel voler rendere quanto più possibile la vita difficile a questo Governo; per questo poniamo alla discussione dell’assemblea del 20 novembre la costruzione di una grande manifestazione nazionale, autoconvocata e costruita dal basso. Una manifestazione che non sia soltanto dell’intero mondo della formazione ma che cerchi di coinvolgere tutte le lotte presenti in questo paese. Una manifestazione in difesa dell’istruzione pubblica ma che sappia guardare oltre e parlare chiaramente dei problemi della crisi, della precarietà, del lavoro.
Se Governo e padroni pensano di avere la strada spianata di fronte a loro, si sbagliano di grosso!
Mai stanchi di lottare! Mai stanchi di urlare “Noi la crisi non la paghiamo”!
APPELLO AGLI STUDENTI MEDI E UNIVERSITARI, AI LAVORATORI DELLA FORMAZIONE, AI COORDINAMENTI DELLA SCUOLA, AI PRECARI DELLA RICERCA E A TUTTE LE LOTTE DI QUESTO PAESE
Nell’agosto del 2008 è stata approvata la Legge 133 che taglia 8,5 mld in tre anni alla scuola e 1,5 mld in cinque anni all’università. Con la stessa legge si avvia il processo di privatizzazione dell’istruzione pubblica e si sferra un durissimo colpo nei confronti dei precari della scuola e della ricerca.
Oggi vediamo i primi devastanti effetti prodotti da questi tagli indiscriminati e dall’approvazione della legge 169 (maestro unico, ripristino del voto in decimi e del 5 in condotta): quest’anno sono rimasti senza lavoro circa 50.000 lavoratori della scuola, con un peggioramento generalizzato della qualità del lavoro e dell’istruzione. I licenziamenti hanno infatti prodotto un sovraccarico di lavoro per i docenti rimasti e classi tuttora scoperte; con l’aumento del numero di studenti, inoltre, si genera uno spaventoso sovraffollamento delle classi. Tutto questo determina un netto peggioramento della qualità della didattica e delle infrastrutture scolastiche, già oggi per lo più non a norma, che produrrà scuole sempre meno sicure ed attrezzate.
Il processo di smantellamento dell’istruzione pubblica non passa solo attraverso i tagli. Il Governo sta perseguendo un radicale processo di riforma della scuola e dell’università, orientato alla privatizzazione e alla subordinazione dell’istruzione alle logiche del mercato.
Da questo punto di vista le riforme di scuola e università hanno evidenti elementi di analogia proprio sul punto dell’aziendalizzazione: nella scuola la vecchia figura del Preside è oggi sostituita dalla figura del Dirigente Scolastico (che avrà maggiore autorità su un corpo docente sempre più precarizzato e gerarchizzato al suo interno) e, come sta già avvenendo con i regolamenti attuativi che progressivamente applicano le linee contenute nel ddl Aprea, i Consigli d’Istituto si trasformeranno in Consigli d’Amministrazione con all’interno la presenza di privati ed aziende.
Il ddl Gelmini sull’università va esattamente nella stessa direzione dirigista: si concedono moltissimi poteri al Rettore (votato solo da una parte scelta di docenti ordinari) e al Consiglio d’Amministrazione, ridotto a soli 11 membri di cui almeno il 40% esterni all’ateneo e nominati direttamente dal Rettore, mentre si svuota completamente delle sue funzioni il Senato Accademico. Si regala in questo modo l’università ai privati e Confindustria, i quali così potranno decidere “l’indirizzo strategico” dell’ateneo senza alcun investimento di capitale privato.
Le riforme in corso sferrano inoltre un ulteriore e decisivo colpo all’idea di Diritto allo Studio. Nella scuola aumentano sempre di più i costi a carico delle famiglie: ne sono un esempio il continuo aumento del costo dei libri di testo e delle spese ordinarie di gestione delle strutture scolastiche. Con il declassamento dell’istruzione professionale e degli istituti tecnici si accentua inoltre il carattere classista e regionalizzato dell’accesso alla formazione scolastica.
Sul fronte universitario con il ddl Gelmini, in nome della meritocrazia, scompare il diritto allo studio basato sul reddito delle famiglie e diretto a consentire ai meno abbienti l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione. Viene infatti istituito un “fondo speciale per il merito”, che erogherà borse di studio esclusivamente su criteri pseudo-meritocratici e prestiti d’onore che genereranno laureati già indebitati, effetto devastante in un sistema caratterizzato da precarietà, disoccupazione, sfruttamento ed emergenza salariale.
Per quanto riguarda la riforma dei meccanismi di reclutamento, anch’essa presente nel ddl Gelmini, viene definitivamente precarizzata la figura del ricercatore e resa ancora più incerta, ricattabile e subordinata al baronato la carriera accademica di giovani dottorandi e ricercatori.
Anche negli enti di ricerca la tendenza neoliberista, che vede nel sapere soltanto una merce, ha prodotto il mostruoso decreto legislativo di riforma, che toglie ogni possibilità di ricerca libera e di lavoro stabile nella stessa logica della riforma Gelmini di scuola e università.
Con il nostro sguardo però vorremmo andare oltre quello che succede nel mondo della formazione e guardare all’intera società. Stiamo attraversando un periodo di profonda crisi economica, politica e sociale, che manifesta i suoi devastanti effetti sull’intera collettività: assistiamo a veri e propri licenziamenti di massa, alla continua precarizzazione del lavoro, alla riduzione dei salari e alla progressiva negazione dei diritti fondamentali, alla totale assenza di ammortizzatori sociali, all’attacco al diritto di sciopero e al contratto nazionale collettivo di lavoro. Contemporaneamente nell’ultima finanziaria si prevede un consistente aumento delle spese militari. Il Governo da parte sua accentua il suo carattere autoritario, riduce gli spazi di democrazia e dissenso e inasprisce le politiche di frammentazione della parte di società più debole.
Per queste ragioni è necessario ricomporre un ampio fronte sociale, che leghi le lotte di tutto il mondo della formazione a quelle di tutti i lavoratori. Non abbiamo bisogno di lotte corporative, è necessario al contrario sviluppare piattaforme e momenti di mobilitazione comuni in grado di rafforzare l’opposizione sociale al Governo e coinvolgere l’intera società.
Da questo punto di vista vediamo nell’assemblea nazionale del 20 novembre alla Sapienza, convocata dai ricercatori precari della Sapienza e dalla FLC CGIL e aperta a tutte le componenti della scuola e dell’università, un importante momento di confronto e rilancio delle mobilitazioni.
Riteniamo fondamentale rivendicare un’istruzione pubblica, laica e democratica, di massa e di qualità. Difendere il diritto allo studio e rifiutare ogni meccanismo di selezione anche se mascherato da meritocrazia. Impedire la gerarchizzazione, l’aziendalizzazione e l’ingresso di qualsiasi privato nelle scuole e nelle università, rifiutando la logica di subordinazione dell’istruzione pubblica alle esigenze del mercato.
Esigiamo l’immediato blocco dei licenziamenti e l’assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari, ritenendo insufficiente per contrastare gli effetti della crisi la semplice rivendicazione di reddito di cittadinanza.
Vogliamo l’immediato ritiro della legge 133, della 169 e del ddl Gelmini sull’università in via d’approvazione e una politica di ingenti finanziamenti all’istruzione pubblica.
Per realizzare questi obiettivi poniamo alla discussione dell’assemblea nazionale del 20 novembre la costruzione in tutte le città di coordinamenti di studenti, genitori e lavoratori della formazione, al fine di rafforzare l’intervento ed il radicamento nei luoghi di studio e di lavoro e di promuovere analisi, piattaforme e mobilitazioni unitarie.
Riteniamo importantissima la data di mobilitazione lanciata dai precari della scuola per l’11 dicembre, nella quale è anche stato indetto lo sciopero della scuola e dell’università da parte di alcuni sindacati. Vorremmo costruire per questa data una larga partecipazione delle lotte sociali riguardanti il mondo della formazione, con la costruzione di uno spezzone nazionale di movimento all’interno del corteo.
Per questa ragione proponiamo per la settimana che precede lo sciopero dell’11 dicembre la costruzione di assemblee cittadine/provinciali di scuole e università, nell’ottica di allargare il più possibile la partecipazione alla manifestazione nazionale.
Siamo assolutamente consapevoli inoltre che un movimento ambizioso ed ostinato nel voler perseguire una vittoria non può fermarsi con le vacanze natalizie. I mesi di gennaio e febbraio saranno i mesi decisivi in cui il Governo cercherà di approvare il ddl Gelmini in Parlamento.
Noi siamo determinati nel voler rendere quanto più possibile la vita difficile a questo Governo; per questo poniamo alla discussione dell’assemblea del 20 novembre la costruzione di una grande manifestazione nazionale, autoconvocata e costruita dal basso. Una manifestazione che non sia soltanto dell’intero mondo della formazione ma che cerchi di coinvolgere tutte le lotte presenti in questo paese. Una manifestazione in difesa dell’istruzione pubblica ma che sappia guardare oltre e parlare chiaramente dei problemi della crisi, della precarietà, del lavoro.
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Coordinamento dei Collettivi – Sapienza
Coordinamento Precari Scuola di Roma
Coordinamento studenti e lavoratori della formazione
Coordinamento genitori, docenti e studenti delle scuole secondarie di Roma
Associazione “Per la Scuola della Repubblica”
www.ateneinrivolta.org
morena- Assiduo/a
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Ordine scuola : Secondaria II gr.
Organizzazione : coordinamento precari scuola-roma
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Re: LAZIO Iniziative 2009
Bene, quest'unità tra diverse componenti della scuola e dell'università mi sembra davvero ottima, e la auspico anche in altre realtà territoriali.
Antonino Buonamico- Moderatore
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Località : Bari
Ordine scuola : Secondaria II gr.
Organizzazione : Rete Docenti Precari Bari
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Data d'iscrizione : 27.10.08
Re: LAZIO Iniziative 2009
Il coordinamento precari scuola-Roma ha iniziato e in parte ripreso la riflessione sulla scuola per approfondire il suo livello di analisi sulle tematiche dell'istruzione pubblica.
Vi inviamo i due primi report con l'invito a tutte le realtà a portare i propri contributi in modo da poter proporre un'idea di scuola davvero democratica.
REPORT I
Martedì 3 novembre il Coordinamento precari scuola-Roma si è riunito per iniziare a riflettere sul tema dell’autonomia scolastica. analizzare
Sono state da subito sottolineati due punti:
Per raggiungere questi obiettivi è stato sottolineata l’importanza di affrontare le riflessioni sull’autonomia a tutto tondo, partendo da un’analisi generale volta a comprendere il significato che nei diversi momenti storici si è attribuito alla parola autonomia e spazzare via qualsiasi equivoco questa parola possa suscitare. E’ stato osservato come l’esigenza di autonomia nella scuola sia nata in opposizione al centralismo burocratico che aveva caratterizzato la scuola fascista e come istanza partecipativa della base (insegnati e studenti) ai processi decisionali e alla direzione didattica della scuola; istanze che si sono concretizzate nel corso degli ’60 e ’70 in due grosse conquiste: l’istituzione della scuola media unica gratuita e aperta a tutti e l’istituzione dei collegi docenti.
E’ stato osservato come nel corso degli ’90, all’interno dei nuovi scenari caratterizzati innanzitutto dal rilancio del capitalismo, l’idea di autonomia abbia mutato il suo profilo. Infatti, nella legge Berlinguer sull’autonomia si configura un’autonomia imposta dall’esterno, che si concretizza sostanzialmente come autonomia finanziaria; in questo modo l’autonomia da istanza democratica è diventata strumento per rispondere alle esigenze del territorio e dell’economia.
Questa mutazione ha rafforzato l’idea di scuola come luogo di riproduzione delle classi sociali, visibile soprattutto nel concetto di semplificazione presente nelle proposte della Gelmini e dell’Aprea.
Alcuni hanno sottolineato alcuni aspetti positivi dell’autonomia scolastica soprattutto in riferimento a quelle scuole che hanno saputo elaborare buoni progetti, che di fatto hanno contribuito al futuro lavorativo di tanti ragazzi; al tempo stesso si è messo in evidenza come, in ottica di progressivo impoverimento delle risorse alla scuola pubblica, il preside estraniandosi dal collegio del docenti appaia sempre più impegnato nel gareggiare con le altre scuole nel reperimento di fondi che di fatto sono drasticamente diminuit,i per entrare in competizione con le altre scuole anche sul tema dei progetti.
Le proposte contenute nel disegnano di legge Aprea nella misura in cui si propongono di superare “la concezione burocratica del ruolo del docente” e “ di valorizzarne l’autonomia”, in realtà aprono la strada a nuove forme di autoritarismo all’interno delle scuole. La modificazione dello stato giuridico del docente, stratificazione gerarchica delle varie figure di insegnante, il rafforzamento di organi di governo quali il cda (con la trasformazione in fondazione) estranei alla natura della scuola pubblica e in ultimo l’allargamento di una massa di precari aprono la strada al clientelismo e alla più sfrenata competizione (all’esterno tra le scuole e all’interno tra le componenti che formano la scuola, in primis tra gli stessi docenti), eliminando qualsiasi possibilità che la scuola pubblica possa rappresentare un mezzo di promozione sociale e di partecipazione per tutte le sue componenti.
Vi inviamo i due primi report con l'invito a tutte le realtà a portare i propri contributi in modo da poter proporre un'idea di scuola davvero democratica.
REPORT I
Martedì 3 novembre il Coordinamento precari scuola-Roma si è riunito per iniziare a riflettere sul tema dell’autonomia scolastica. analizzare
Sono state da subito sottolineati due punti:
- l’importanza di collegare l’analisi sull’autonomia ai contenuti del ddl aprea.
- l’esigenza di esaminare le ricadute dell’autonomia scolastica sul precariato.
- La necessità di allargare le nostre riflessioni alle altre componenti della scuola: insegnanti di ruolo e studenti.
Per raggiungere questi obiettivi è stato sottolineata l’importanza di affrontare le riflessioni sull’autonomia a tutto tondo, partendo da un’analisi generale volta a comprendere il significato che nei diversi momenti storici si è attribuito alla parola autonomia e spazzare via qualsiasi equivoco questa parola possa suscitare. E’ stato osservato come l’esigenza di autonomia nella scuola sia nata in opposizione al centralismo burocratico che aveva caratterizzato la scuola fascista e come istanza partecipativa della base (insegnati e studenti) ai processi decisionali e alla direzione didattica della scuola; istanze che si sono concretizzate nel corso degli ’60 e ’70 in due grosse conquiste: l’istituzione della scuola media unica gratuita e aperta a tutti e l’istituzione dei collegi docenti.
E’ stato osservato come nel corso degli ’90, all’interno dei nuovi scenari caratterizzati innanzitutto dal rilancio del capitalismo, l’idea di autonomia abbia mutato il suo profilo. Infatti, nella legge Berlinguer sull’autonomia si configura un’autonomia imposta dall’esterno, che si concretizza sostanzialmente come autonomia finanziaria; in questo modo l’autonomia da istanza democratica è diventata strumento per rispondere alle esigenze del territorio e dell’economia.
Questa mutazione ha rafforzato l’idea di scuola come luogo di riproduzione delle classi sociali, visibile soprattutto nel concetto di semplificazione presente nelle proposte della Gelmini e dell’Aprea.
Alcuni hanno sottolineato alcuni aspetti positivi dell’autonomia scolastica soprattutto in riferimento a quelle scuole che hanno saputo elaborare buoni progetti, che di fatto hanno contribuito al futuro lavorativo di tanti ragazzi; al tempo stesso si è messo in evidenza come, in ottica di progressivo impoverimento delle risorse alla scuola pubblica, il preside estraniandosi dal collegio del docenti appaia sempre più impegnato nel gareggiare con le altre scuole nel reperimento di fondi che di fatto sono drasticamente diminuit,i per entrare in competizione con le altre scuole anche sul tema dei progetti.
Le proposte contenute nel disegnano di legge Aprea nella misura in cui si propongono di superare “la concezione burocratica del ruolo del docente” e “ di valorizzarne l’autonomia”, in realtà aprono la strada a nuove forme di autoritarismo all’interno delle scuole. La modificazione dello stato giuridico del docente, stratificazione gerarchica delle varie figure di insegnante, il rafforzamento di organi di governo quali il cda (con la trasformazione in fondazione) estranei alla natura della scuola pubblica e in ultimo l’allargamento di una massa di precari aprono la strada al clientelismo e alla più sfrenata competizione (all’esterno tra le scuole e all’interno tra le componenti che formano la scuola, in primis tra gli stessi docenti), eliminando qualsiasi possibilità che la scuola pubblica possa rappresentare un mezzo di promozione sociale e di partecipazione per tutte le sue componenti.
morena- Assiduo/a
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Ordine scuola : Secondaria II gr.
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Re: LAZIO Iniziative 2009
REPORT II
Coordinamento precari scuola-Roma. Report incontro sull’autonomia scolastica del 11/11/09.
La discussione sull’autonomia finanziaria si concentra principalmente sull’aspetto più evidente di questo passaggio, quello della possibilità per le singole scuole di strutturare progetti, sia interni, cioè organizzati, gestiti e finanziati completamente dai docenti all’interno del Collegio docenti (le risorse economiche necessarie per questi percorsi vengono prelevate dal fondo d’istituto, fondo istituito dalla Riforma Berlinguer-Bassanini, destinato proprio ad elargire salario aggiuntivo per le attività dei docenti), sia esterni, ideati cioè da strutture esterne alla scuola (organizzazioni pubbliche o private), cui la scuola partecipa, e che prevedono spesso un rientro economico. Riguardo a queste possibilità, si confrontano posizioni di chi, a partire dalla propria esperienza, lavorativa o di tirocinio, ha riconosciuto nello svolgimento dei progetti (principalmente quelli interni, autogestiti), un valido arricchimento ed ampliamento della proposta didattica (alfabetizzazione per ragazzi stranieri, percorsi di approfondimento di linguaggi artistici diversi da quelli previsti dai programmi, come il cinema ed il teatro), e quelle di chi, invece, ha visto nella propria quotidianità lavorativa, praticare la possibilità dei progetti come meccanica adesione a molti percorsi inutili, con l’obiettivo principale di raccogliere i fondi. A questo proposito viene segnalato come questo fenomeno si sia tanto più sviluppato quanto più le risorse del fondo d’istituto, finanziato con elargizioni dal centro, ossia dal Ministero, siano andate diminuendo nel corso degli anni, spingendo così le scuole, per sopravvivere, a rivolgersi ad altre forme di finanziamento. Viene anche segnalato come spesso, tra gli stessi docenti, si creino dei meccanismi di competizione e di differenziazione salariale, proprio legati all’assegnazione della gestione dei progetti.
Quello su cui insieme si ragiona allora, è proprio cercare di capire quale idea di scuola sottintendeva alla proposta dell’autonomia così intesa. Da una parte infatti lo strumento dell’autonomia finanziaria, andando di pari passo con un progressivo assottigliamento delle risorse pubbliche destinate alla scuola, ha permesso e costretto le scuole a cercare fondi rivolgendosi all’esterno, selezionando percorsi progettuali più in base al rientro economico che alla reale efficacia didattica: in questo senso ha prodotto uno svilimento della proposta formativa e del lavoro dei docenti; dall’altra però, è stata anche lo strumento con cui si è, in parte, fornita una risposta alla modernizzazione e al ripensamento della didattica, consentendo, in maniera autonoma ad ogni singola scuola, di finanziare attraverso il risicato fondo di istituto, idee ed esigenze di molti docenti motivati, che si rendevano conto della necessità di inserire momenti e percorsi didattici diversi rispetto a quelli consolidati. E proprio qui si riconosce un limite di fondo, per cui l’autonomia così pensata può apparire quasi una “scorciatoia”, o comunque una risposta tutta spostata sulla “decentralizzazione”: invece di rispondere complessivamente e in maniera “forte” ad una esigenza di cambiamento, coinvolgendo i docenti e le componenti della scuola in un dibattito, in una discussione generale, allargata e nazionale, in modo da convergere su delle linee guida valide per tutto il territorio (quali percorsi sono necessari ed è quindi importante inserire e prevedere in tutte le scuole di un certo ordine?), si è scelto di lasciare al singolo istituto la possibilità di intervenire in questo ambito: questo ha prodotto differenziazioni molto grandi tra scuola e scuola, frammentando la proposta didattica proprio su aspetti importanti (possibilità di recupero della dispersione scolastica, di affrontare a scuola linguaggi come il cinema ed il teatro, di poter effettuare più frequentemente visite di istruzione entrando così in contatto con il famoso “territorio”, di garantire percorsi di alfabetizzazione e di accoglienza per gli alunni stranieri). Chiaramente questo non significa eliminare la possibilità per la singola scuola di proporre un proprio percorso sulla base di specifiche esigenze e necessità, ma riconoscere che, se alcune pratiche si riconoscono valide, devono essere garantite in maniera omogenea.
Questo ragionamento non può, naturalmente, essere disgiunto da uno più generale sulla didattica e sulla collegialità tra docenti (che sono chiamati ad una discussione ed un confronto più ravvicinato), e a quello della retribuzione e degli investimenti nella scuola, condizioni senza le quali ogni miglioramento è lasciato sulle spalle del volontariato dei docenti, e quindi impossibile di fatto.
Importante a questo riguardo è segnalare come, sempre nella Riforma Berlinguer, vengano attribuiti maggiori poteri alla figura del preside, tra cui quello importantissimo di poter scegliere direttamente i propri collaboratori, che prima venivano eletti dal Collegio docenti.
Coordinamento precari scuola-Roma. Report incontro sull’autonomia scolastica del 11/11/09.
La discussione sull’autonomia finanziaria si concentra principalmente sull’aspetto più evidente di questo passaggio, quello della possibilità per le singole scuole di strutturare progetti, sia interni, cioè organizzati, gestiti e finanziati completamente dai docenti all’interno del Collegio docenti (le risorse economiche necessarie per questi percorsi vengono prelevate dal fondo d’istituto, fondo istituito dalla Riforma Berlinguer-Bassanini, destinato proprio ad elargire salario aggiuntivo per le attività dei docenti), sia esterni, ideati cioè da strutture esterne alla scuola (organizzazioni pubbliche o private), cui la scuola partecipa, e che prevedono spesso un rientro economico. Riguardo a queste possibilità, si confrontano posizioni di chi, a partire dalla propria esperienza, lavorativa o di tirocinio, ha riconosciuto nello svolgimento dei progetti (principalmente quelli interni, autogestiti), un valido arricchimento ed ampliamento della proposta didattica (alfabetizzazione per ragazzi stranieri, percorsi di approfondimento di linguaggi artistici diversi da quelli previsti dai programmi, come il cinema ed il teatro), e quelle di chi, invece, ha visto nella propria quotidianità lavorativa, praticare la possibilità dei progetti come meccanica adesione a molti percorsi inutili, con l’obiettivo principale di raccogliere i fondi. A questo proposito viene segnalato come questo fenomeno si sia tanto più sviluppato quanto più le risorse del fondo d’istituto, finanziato con elargizioni dal centro, ossia dal Ministero, siano andate diminuendo nel corso degli anni, spingendo così le scuole, per sopravvivere, a rivolgersi ad altre forme di finanziamento. Viene anche segnalato come spesso, tra gli stessi docenti, si creino dei meccanismi di competizione e di differenziazione salariale, proprio legati all’assegnazione della gestione dei progetti.
Quello su cui insieme si ragiona allora, è proprio cercare di capire quale idea di scuola sottintendeva alla proposta dell’autonomia così intesa. Da una parte infatti lo strumento dell’autonomia finanziaria, andando di pari passo con un progressivo assottigliamento delle risorse pubbliche destinate alla scuola, ha permesso e costretto le scuole a cercare fondi rivolgendosi all’esterno, selezionando percorsi progettuali più in base al rientro economico che alla reale efficacia didattica: in questo senso ha prodotto uno svilimento della proposta formativa e del lavoro dei docenti; dall’altra però, è stata anche lo strumento con cui si è, in parte, fornita una risposta alla modernizzazione e al ripensamento della didattica, consentendo, in maniera autonoma ad ogni singola scuola, di finanziare attraverso il risicato fondo di istituto, idee ed esigenze di molti docenti motivati, che si rendevano conto della necessità di inserire momenti e percorsi didattici diversi rispetto a quelli consolidati. E proprio qui si riconosce un limite di fondo, per cui l’autonomia così pensata può apparire quasi una “scorciatoia”, o comunque una risposta tutta spostata sulla “decentralizzazione”: invece di rispondere complessivamente e in maniera “forte” ad una esigenza di cambiamento, coinvolgendo i docenti e le componenti della scuola in un dibattito, in una discussione generale, allargata e nazionale, in modo da convergere su delle linee guida valide per tutto il territorio (quali percorsi sono necessari ed è quindi importante inserire e prevedere in tutte le scuole di un certo ordine?), si è scelto di lasciare al singolo istituto la possibilità di intervenire in questo ambito: questo ha prodotto differenziazioni molto grandi tra scuola e scuola, frammentando la proposta didattica proprio su aspetti importanti (possibilità di recupero della dispersione scolastica, di affrontare a scuola linguaggi come il cinema ed il teatro, di poter effettuare più frequentemente visite di istruzione entrando così in contatto con il famoso “territorio”, di garantire percorsi di alfabetizzazione e di accoglienza per gli alunni stranieri). Chiaramente questo non significa eliminare la possibilità per la singola scuola di proporre un proprio percorso sulla base di specifiche esigenze e necessità, ma riconoscere che, se alcune pratiche si riconoscono valide, devono essere garantite in maniera omogenea.
Questo ragionamento non può, naturalmente, essere disgiunto da uno più generale sulla didattica e sulla collegialità tra docenti (che sono chiamati ad una discussione ed un confronto più ravvicinato), e a quello della retribuzione e degli investimenti nella scuola, condizioni senza le quali ogni miglioramento è lasciato sulle spalle del volontariato dei docenti, e quindi impossibile di fatto.
Importante a questo riguardo è segnalare come, sempre nella Riforma Berlinguer, vengano attribuiti maggiori poteri alla figura del preside, tra cui quello importantissimo di poter scegliere direttamente i propri collaboratori, che prima venivano eletti dal Collegio docenti.
morena- Assiduo/a
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Re: LAZIO Iniziative 2009
ecco il questionario elaborato dal coordinamento precari scuola-roma
Inchiesta sulla scuola pubblica del
Coordinamento Precari Scuola di Roma
Dati generali
1) In questo momento sei coinvolto nel mondo della scuola come:
2) Ordine di scuola?
15) Nella tua classe (o in quella di tuo figlio) l’insegnante di sostegno è cambiato spesso nel corso degli ultimi anni scolastici?
Più volte nel corso dello stesso anno scolastico
20) Ci sono alunni stranieri in classe?
Si Quanti?……..
SI
27) In che modo credi che l’attuale riforma Gelmini influisca sulla qualità del servizio scolastico pubblico?
Inchiesta sulla scuola pubblica del
Coordinamento Precari Scuola di Roma
Dati generali
1) In questo momento sei coinvolto nel mondo della scuola come:
- Genitore
- Studente
2) Ordine di scuola?
- Elementare
o Media - Superiore
Classe? I II III IV V
3) Dove si trova la scuola? - Centro
- Semiperiferia
- Periferia
Infrastrutture, servizi e sicurezza
4) L’edificio scolastico è: - Fatiscente
- Andrebbe ristrutturato
- È stato ristrutturato da poco
- Nuovo
5) L’edificio scolastico rispetta le più elementari norme di sicurezza? (es.: uscite d’emergenza, porte antipanico, estintori, scale antincendio…) - Si
- No
6) Ci sono collaboratori scolastici presenti in ogni piano della scuola durante l’intero orario scolastico?- Si
- No
7) Nella scuola i servizi igienici sono presenti: - Su ogni piano
- Non su tutti i piani
- Altro……………………..
Didattica
In classe opera un team costituito da (solo se scuola elementare):- Insegnante unico
- Insegnante prevalente
- 2 insegnanti
- 3 insegnati
- Più di 3 insegnanti
Ha scelto l’iscrizione al tempo pieno
o al modulo?..........................
9) Approssimativamente durante il corrente anno scolastico quante volte la classe di tuo figlio è stata divisa perché l’insegnante era assente (solo se scuola elementare)? - Mai
- Poche volte (2, 3…)
- Un numero di volte considerevole (più di 6, 7..)
10) L’aula in cui si fa lezione è: - Spaziosa
- Abbastanza grande
- Un po’ piccola
- Decisamente piccola
- 11) Quanti studenti ci sono in classe?
Meno di 25 - Tra 25 e 30
- Più di 30
12) Quanti alunni diversamente abili ci sono in classe?
…………………
13) In classe è presente l’insegnante di sostegno? - Si
- No
14) In classe sono presenti alunni con difficoltà di apprendimento non affiancati da un insegnante di sostegno? - Si Quanti?........
- No
- Non so
15) Nella tua classe (o in quella di tuo figlio) l’insegnante di sostegno è cambiato spesso nel corso degli ultimi anni scolastici?
Più volte nel corso dello stesso anno scolastico
- Ogni anno
- Non è mai cambiato
16) Tra gli insegnanti della tua classe (o della classe di tuo figlio) quanti sono supplenti?
…………..
17) Le lezioni quest’anno sono iniziate regolarmente o è mancato qualche insegnante? - No
- Si Quanti insegnanti? …………..
18) Gli alunni che non partecipano all’ora di religione, studiano una materia alternativa? - SI
- No
19) I laboratori e le strutture presenti nella tua scuola (sala video, laboratorio di informatica, palestra, ecc.) sono dotati di tutte le apparecchiature necessarie?- Si, tutte
- Sono carenti di alcune apparecchiature
- La mancanza di apparecchiature li rende inutilizzabili
20) Ci sono alunni stranieri in classe?
Si Quanti?……..
- No
21) Sono previsti corsi di alfabetizzazione per alunni stranieri? - Si
- No
22) Ritieni soddisfacente l’impegno della tua scuola nell’accogliere e valorizzare le differenze socioculturali?
SI
- No
- Non penso sia compito della scuola
Scuola e territorio
23) La scuola è aperta di pomeriggio (solo se superiori e medie)? - Si Quante volte a settimana?.....
- No
24) Sono previsti corsi serali Per adulti e/o studenti lavoratori (es.: recupero anni scolastici)? - Si
- No
25) La scuola offre dei servizi pomeridiani alla cittadinanza (biblioteca, palestra, corsi teatrali, di musica, ecc.)? - Si
- No
26) La scuola ha richiesto un contributo monetario volontario ai genitori? - Si
- No
27) In che modo credi che l’attuale riforma Gelmini influisca sulla qualità del servizio scolastico pubblico?
morena- Assiduo/a
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ASSEMBLEA UNITARIA SCUOLA E UNIVERSITA' VERSO L'11
Verso lo sciopero della scuola e dell'università dell'11DICEMBRE
ASSEMBLEA UNITARIA DI STUDENTI MEDI E UNIVERSITARI, INSEGNANTI PRECARI E NON, GENITORI E RICERCATORI.
VENERDI' 27 NOVEMBRE ORE 16
LICEO MAMIANI OCCUPATO
Viale delle Milizie 30 (zona Prati)
Generalizziamo lo sciopero, uniamo le lotte!
Coordinamento studenti, genitori e lavoratori della formazione
Coordinamento dei Collettivi - Sapienza
Coordinamento precari scuola-Roma
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